Le Nature Morte Floreali
Beatrice Ruef
La natura morta floreale è un classico dell'arte figurativa, presente nelle decorazioni delle tombe dell'antico Egitto e sulle pareti delle abitazioni romane. Poi, dopo la caduta dell'Impero romano, questo genere non destò più lo stesso interesse che in passato.
A partire dal Rinascimento (XVI secolo) la natura morta floreale fa il suo ritorno, in particolare nelle Fiandre, poiché la Chiesa romana presupponeva un genere ben diverso di rappresentazioni pittoriche, inerenti soprattutto a soggetti sacri. In questo periodo la natura morta veniva commissionata per arricchire case borghesi e ville aristocratiche. Nella pittura della fine del XIX secolo e l'inizio del XX, la natura morta e i fiori divennero nuovamente un tema popolare. Basti pensare a Cézanne, Van Gogh e Matisse
Come si avvicina quindi Flurin Isenring a questo tema classico, con la sua tecnica costantemente impegnata a velare qualcosa nell'immagine per rivelare un elemento essenziale, qualcosa di connesso ad esso, qualcosa di nascosto dietro di esso in forma concisa, e per animare lo spettatore a perseguire questa essenzialità?
Siamo di fronte a fasci di fiori di grande formato, ciascuno dai colori diversi: tulipani gialli, rossi, arancioni, rosa e bianchi, con le loro foglie a forma di lancia che si muovono in svariate direzioni. Gigli giallo brillante che illuminano l'osservatore. Meravigliosi iris blu che propongono un dialogo interiore più tranquillo con l’opera.
Il dipinto, tuttavia, è solo una parte dell’opera. L’altra è l’ingrandimento fotografico del fascio di fiori originale. Il pittore taglia la foto in due sezioni trapezoidali, che poi applica su ciascuna immagine del fiore corrispondente. Il fascio di fiori dipinto si confronta con l'immagine fotografica del modello originale e le sezioni fotografiche sono utilizzate quasi come parte nuova e indipendente della stessa tavolozza.
Per quasi tutte le opere della serie, la parte più grande della fotografia si trova in diagonale sotto il bouquet come un'immagine speculare ribaltata. Vediamo gli stessi fiori due volte: una volta dipinti nella parte superiore del quadro, una seconda fotografati nella parte inferiore, capovolti. Una volta magnificamente dipinti, l’altra invece rappresentati con oggettività quasi disincantata attraverso il realistico nitore fotografico.
Un'immagine fotografica si estende su quella dipinta e la suddivide in parti separate. Anche l'immagine fotografica è divisa. L'osservatore si trova immerso in un gioco mobile di parti di immagini che girano, si riassemblano costantemente, evidenziano dettagli sorprendenti e avvicinandosi a una nuova immagine. Precisa e concisa quasi come il flusso costante di pensiero, di sensazioni e di memoria che fermenta dentro di noi.
E che dire della nostra percezione? Che cosa è vero, che cosa vediamo veramente? Che cosa esiste adesso e che cosa non è più? Cosa accade alla memoria? La foto ricorda il bouquet, mentre l'immagine, dipinta relativamente alla foto, ricorda la foto stessa. L'origine del tutto, i fiori, sono appassiti da tempo. Quanto è veramente reale ciò che vogliamo comprendere come realtà? Dove sono i fatti che presumibilmente ricordiamo, tocchiamo e conosciamo? Cerchiamo di catturare l'immagine dipinta dietro le foto nel suo insieme. Vogliamo combinare le foto divise in un'immagine intera, anche se nessuna delle due cose potrà più accadere.
Non so quanto Flurin Isenring si occupi dell'intero sviluppo dell'arte, o se utilizzi semplicemente tutti i registri della pittura antica e moderna in modo volutamente 'immediato', per trasmetterci le sue riflessioni e i suoi pensieri attraverso le sue immagini persuasive, sfidandoci a ricordare, riconoscere ed esplorare ulteriormente l'essenziale.
Alla fine, quando mi astraggo dalla bellezza dei fiori e dai loro colori inebrianti, vedo immagini cubiste. Quindi, qual è la verità? Qual è l'intenzione? È l'osservatore che crea l'immagine? Non è lo stesso per ogni percezione, ovvero che tutto sia relativo, si spezzi in frammenti che poi si ricompongono? Che non esista certezza nella percezione?
TILL LIFES 2012 - 2018
The Floral Still Life
Beatrice Ruef
The floral still life is a classic theme in the visual arts. Examples adorned Egyptian graves and the walls of Roman homes. Then, after the fall of the Roman Empire, they disappeared. Floral still lifes began to reappear during the Renaissance (16th century), especially in Protestant Nordic countries as the Church commissioned fewer works from artists. In the years that followed, they graced homes and villas. In paintings from the turn of the century between the 19th to 20th centuries, still lifes and flowers become popular motifs – think of Cézanne, van Gogh and Matisse.
How does Flurin Isenring approach this classical subject matter with his consistently applied techniques to veil something in a painting in order to curtly unveil an essential, related and concealed aspect, and at the same time animate the beholder to pursue this essential aspect?
We are standing in front of large-format floral bouquets, each in different colours: yellow, red, orange, pink and white tulips with their lance-shaped leaves pointing in different directions. Radiant yellow lilies glowing in the eyes of the beholder. Dreamy blue irises inviting us to quiet, inner dialogue with the paintings.
The painted images are only one part of the work. Enlarged photos of the original bouquet form the other part. The artist cuts the photos in two trapezoids, which are mounted in the corresponding floral paintings. The painted bouquet is confronted with a photographic image of the original subject. The photographed segments are positioned almost like a new and independent part of the palette.
On almost all of the series’ paintings, the larger section of the photograph lies like a folded-down mirror image placed diagonally under the bouquet. We see the same flowers twice, once in the upper painted part and a second time in the lower, upside-down photograph. They are painted with enticing beauty, while also being photographed sharply, deprived of mystique and realistic.
The photographed image lies atop the painted image, slicing through it. But the photograph is also sliced up. The observer finds him or herself in an emotive game of image pieces which whirl around, recompose themselves and emphasise surprising details, coming together as a new picture. Isn’t this a concise and precise depiction of how the flow of ideas, perceptions and memories unfolds within us?
How does that work in terms of our perception? What is real, what do we really see? What is in the present moment and what ended long ago? How does it work in terms of our memory: the photo brings the bouquet to mind; the picture, painted from the photo, brings the photo to mind. The source of it all, the flowers, withered long ago. How real is that which we would like to consider to be reality? Where are the things that we supposedly remember, touch and know? We try to perceive the pictures which are behind the photos in their entirety, would like to piece together the cut up photo into a single image. But we do not and will not succeed at either.
I do not know to what extent Flurin Isenring is involving himself with the history of art as a whole, or whether he is simply intuitively pulling out all the stops of painting, ancient and modern, in order to share his thoughts and deliberations with us with his powerful images, and to challenge us to remember the essential, to recognize it, and to continue to explore.
In the end, when I contemplate all the beautiful flowers and the blaze of colours, I see cubist images. What is really real? What is intentional? Is it the beholder who makes the image? Is it not that through all our perceptions everything is relative, falls apart and recomposes itself from fragments? That there is no certainty in perception?